venerdì 7 marzo 2025

La signorina Matraxia mi amò, in un tempo lontano ed io amai il suo essere schiva e proibita; mi ripetevo, di tanto in tanto, più il suo cognome che il suo nome, quel suono così “greco”e deciso. Giulia Matraxia, mi accorsi di amare più il tuo muoverti altero che il sapore della tua bocca, e quindi ti lasciai. La settimana prima della nostra “fine”, guardandoci negli occhi, parlammo di tutto il resto che era come parlare di noi: ricordo bene la sensazione di galleggiamento instabile che tuttavia pareva piacere ad entrambi.

giovedì 6 marzo 2025

Non c'è una cifra stilistica sempre uguale da riferimento, vi sono testi che pur essenziali e nudi entrano dentro immediatamente, altri ben costruiti e "nobili" che restano irrimediabilmente fuori. 
Quello che mi da più fastidio nei testi che affronto da lettore è la forzata e snobistica presunzione di voler essere a tutti i costi "di tendenza", di volersi inserire in una cerchia ristretta da elite culturale….pur di raggiungere questo scopo ho letto testi inguardabili, astrusi, fumosi e pieni di spocchia salutati con grandi applausi da una cerchia ristretta di aficionados di quel blogger.

mercoledì 5 marzo 2025

Le dinamiche relazionali pare che non possano svilupparsi se non nella identica direzione di sempre: 
commento- presenza-risposta-follow- costanza- attenzione- stanze riservate….etc etc . 
Perchè dovrebbe essere diverso, pensateci.

martedì 4 marzo 2025

Poesia di una riga
scorciatoia per un paradiso senza rate
posizione certa del mio vivere incerto.
Mi avvito senza fretta
e sono già dentro il sogno
il cuore dentro e gli occhi fuori
a scrutare il fastidio e la mancanza
le buone maniere
e il mio definitivo commiato.

lunedì 3 marzo 2025

Due secoli di cultura europea del Rinascimento sono bastati a rifare il mondo.
 
Duecento anni magici nella cultura europea, quelli che vanno dal Concilio di Firenze negli anni Trenta del Quattrocento al Dialogo dei massimi sistemi di Galileo negli anni Trenta del Seicento. La riscoperta delle opere greche antiche (da Omero a Platone a Ermete Trismegisto) va di pari passo con molte altre scoperte decisive: quella del Nuovo Mondo e delle nuove rotte verso l’Asia attorno all’Africa, quella del nuovo universo da parte di Copernico, Galileo e Keplero, quella della politica effettuale di Machiavelli. Duecento anni, il Rinascimento. La filologia, la medicina. La nuova architettura, la nuova scultura, la nuova pittura, la nuova musica, il nuovo teatro, la nascita dell’opera. I nuovi miti: Faust, Don Giovanni, Don Chisciotte, Amleto. Una data: 1564. E’ l’anno in cui, a 90 anni, il 18 febbraio, muore Michelangelo. Quell’anno, tre giorni prima, il 15 febbraio, nasce Galileo; e nasce, il 26 aprile, Shakespeare. Il quale morirà il 23 aprile del 1616, lo stesso giorno in cui muore Cervantes. Un altro anno, 1533: muore l’Ariosto, nasce Montaigne. Montaigne muore nel 1592 insieme al grande esploratore Pedro Sarmiento de Gamboa. 
Si può fare questo gioco quasi all’infinito, menzionando anche incontri memorabili: 1580, Montaigne visita Tasso, pazzo furioso e melanconico, al Sant’Anna di Ferrara; 1638, Milton, futuro autore del Paradiso perduto, va a trovare Galileo ad Arcetri. 
A riguardare tutto questo dalle posizioni odierne mi prende una vertigine, non capita mai di parlare in rete dell'identità europea e occidentale da questi capisaldi ma sfruttiamo appieno lo stimolo e proviamo anche solo per un attimo a riflettere sui nomi che abbiamo appena sfiorati e ci si può fare un’idea di ciò che il Rinascimento ha portato all’identità e al canone europei.

domenica 2 marzo 2025

FOTO V. RUSSO
Se fossi uno storico di livello, uno come Villari, ad esempio, oggi, affacciato da questa balconata, direi che essa e tutto quel che vi sta attorno, sono l’esempio perfetto dell’arretratezza e del distacco dall’altro mondo, dall’altra Italia, quella unita all’Europa. Se non avessi letto fin da ragazzo, se i miei non fossero stati quelli che sono ed io non avessi camminato su e giù per le strade di questa penisola vagheggerei facilmente facili scappatoie culturali per lasciare la mano. Se non mi fossi perso dentro certi tramonti e certi profumi e li avessi considerati solo parte di un bel viaggio esotico, oggi guardando il lungomare e la nave che sta per entrare in porto direi a me stesso: peccato tanta bellezza in tanto disordine. Ma parlare di Palermo, della mia città, del mio intimo è un’altra cosa, è un impresa non risolvibile in battute di forte impegno critico o di inesauribile affetto sconsiderato.
Queste sono le mura delle “cattive” cioè delle prigioniere del proprio stato di vedove e inavvicinabili signore del tempo che fu. Chissà come venne interpretato il nome in questi ultimi 3 secoli dalla gente che non masticava nemmeno l’abc della lingua latina? Importa poco, le Cattive continuarono per lungo tempo ad osservare, golose, la passeggiata sfarzosa di chi poteva uscire allo scoperto senza dar scandalo…salvo poi fare le medesime cose in modo più riservato dentro gli immensi saloni dei palazzi nobiliari. Palazzo Butera fa da sfondo e osserva severo la storia che è transitata da qui. Io provo a fare lo stesso e guardo tenendo poggiate le mani sul granito muschioso che delimita i bastioni. 
La storia prima vociante e adesso silenzio, la storia immota e quella che diede l’impressione di una gran corsa: tutta la storia insieme che preme su questo lungomare e nessuno vuole più ascoltare. Passarono le truppe garibaldine con le camicie piene di parole alte e romantiche, Patria, Unità, Italia…progresso. Prima di loro vicerè e imperatori, Normanni e Saraceni e altre parole, altre divise sotto lo stesso cielo e davanti allo stesso mare. Il Gattopardo incontrò qui la sua ultima signora, quella vagheggiata da sempre, e i suoi simili riempirono di luci e di lussi i saloni di questo palazzo e dei palazzi vicini: carrozze e sete fruscianti, baciamano e valzer a due passi dalla miseria più degradata.
Ma io sono un uomo del secolo scorso, per qualche strana condizione non ripetibile vivo davanti a quest’epoca che crede di poter essere quella definitiva…è giusto così perchè la speranza rinnovabile è l’unica cosa certa per ogni nuova generazione. Sapeste quanti lo hanno pensato: dignitari piemontesi e ragazze del bel mondo fin de siecle, vescovi cardinali e politici della Dc anni 50. Nessuno di essi “cattivo” ognuno dimentico del giorno in cui, 9 maggio del 43, questa città spari sotto 420 fortezze volanti della USA AIR FORCE. Ah gli americani come sanno risolvere alla radice ogni problema: nessuno sa con certezza quanti furono quel giorno i morti , tredici… quindicimila, le bombe della Pensylvania come viatico alla scomparsa di un mondo inutile e fuori mercato. Qua davanti sono passate le camicie nere di Mussolini e i picciotti di Totò Reina, i compagni di Peppino Impastato e le auto blu di Raffaele Lombardo. La mia città che fra poco sarà di nuovo sotto quel blu cobalto delle sere d’estate che non hanno nulla di umano, Palermo punteggiata da campanili, guglie moresche e ville liberty. La mia città che digerisce tutto e non si può comprare a nessun prezzo, la mia maledetta lezione di storia, di principi e comparse, di gloria e fine di tutto. Palermo di Elvira Sellerio e di Totò Cuffaro, Palermo fuori dall’Europa e dalla Padania, Palermo che ricorda i diciotto anni dalla morte di Giovanni Falcone e l’Italia, lo Stato Italiano che incredibilmente sopravvive ad una strage che nessun paese civile avrebbe sopportato. “Senza vedere la Sicilia, non ci si può fare un’idea dell’Italia. E’ in Sicilia che si trova la chiave di tutto” ( W. GOETHE). 
Un paradosso uno dei tanti, un ‘idea di nazione che passa dagli antipodi di Milano e Torino oppure la fine di quel sogno ( o menzogna) unitario che scavalcò lo stretto per tornare da dove era venuto. Non so perchè ma non mi riesce mai di parlare di Palermo: sono un siciliano del secolo scorso e come tutti i siciliani, sono al tempo stesso dentro e fuori gli eventi, sempre in preda ad astratti furori e amori infiniti, inquilino della Storia, pronto ad esserne sfrattato. U’ sapiti com’è no?